Quando quasi tre anni fa mi sono trasferita a Roma, mia zia ha scoperto solo dopo sei mesi che ero nella capitale per studiare regia. “Pensavo che stessi cercando di fare l’attrice!"La specifica su come io non abbia mai frequentato un corso di teatro e non abbia mai - e dico mai - avanzato l’intenzione di diventare attrice è, in questo caso, quanto meno doverosa. Ma se la confusione fosse stata partorita solo da mia zia - una donna di provincia che con il cinema giustamente non ha nulla a che fare - non ci sarebbe stato nulla di strano, eppure questo suggerimento velato verso la recitazione mi si è presentato anche in contesti parecchio specifici. Quando ho lavorato su un set come terza assistente alla regia, per esempio, la stessa attrice protagonista (un nome piuttosto noto) di punto in bianco mi ha chiesto se avessi mai recitato o volessi fare l’attrice.
Ora, per quanto la mia autostima sia raso terra e la percezione del mio aspetto fisico totalmente sfalsata, sarei stupida nel non accorgermi che questo tipo di commenti derivano dal fatto che io sia comunemente considerata una bella ragazza. E che cosa fa una bella ragazza? L’attrice!Non voglio innalzare stendardi femministi e ricondurre tutto ad un ragionamento spiccio su quanto le aspirazioni di una donna non dipendano dal suo aspetto fisico, piuttosto la mia riflessione vuole ricadere proprio su quello che è il ruolo dell’Attore - in questo caso dell’Attrice - e, soprattutto, sulle aspettative e i preconcetti che nel corso della storia si sono aggrappate a questa professione senza un vero senso logico.
È possibile che ancora oggi il requisito base per intraprendere questo lavoro sia essere belle? Con questa domanda voglio essere volutamente provocatoria; è ovvio che serva un talento alla base per fare carriera, lo sappiamo tutti, eppure troppo spesso capita che il solo ed unico talento, slegato dalla bellezza, non sia abbastanza. Non sia abbastanza per farsi notare, apprezzare. Non sia abbastanza per lavorare. E ribadisco, non si tratta solo dell’opinione popolare, ma troppo spesso anche di quella specifica e settoriale. Tra l’altro, per rendersi conto dell’andazzo, basta molto semplicemente buttare uno sguardo alle giovanissime nuove leve italiane pubblicizzate dalle tante agenzie. È chiaro che il mio sia un discorso generale che non tiene conto delle eccezioni, ma basta fare mente locale per realizzare che fin dall’alba dei tempi la storia del cinema è sempre stata accompagnata da donne bellissime. E lo è ancora adesso.
Certo, esistono attrici dalla bellezza mediocre - mosche bianche - che però, guarda caso, solo in rarissimi casi occupano ruoli da protagonista. Normalmente vanno molto meglio per fare la migliore amica.
Andare a rincorrere le motivazioni del perché le donne siano sempre state rappresentate attraverso modelli ben sopra la media potrebbe risultare lungo, noioso ma, soprattutto, credo che nel 2024 siamo tutti sufficientemente svegli per saperlo già il motivo. È lo stesso vecchio motivo di cui si discute da circa una ventina d’anni, che c’entra con la strumentalizzazione, la mistificazione e che ha trovato nella “bodypositivity” una sorta di sua risposta al problema. Eppure non è su questo che voglio concentrarmi, non è - di nuovo - su un discorso femminista che voglio arenarmi. Io sto parlando di cinema, di rappresentazione, di realtà. E allora qual è il punto? Il punto è che nell’arte cinematografica, laddove ci si prefigge di raccontare la realtà ordinaria, si usano modelli che di normale e di ordinario hanno ben poco.
Chiaramente rispetto agli anni 50 o 60 dei passi avanti sono stati fatti, ma il retaggio alla base è complesso da abbattere. In questo credo che il cinema indipendente possa metterci del suo. Già lo fa, ed è auspicabile che continui a farlo. Volti non sempre noti. Volti normali. Volti in cui tua zia e la mia possano finalmente identificarsi. E attenzione, sono convinta che la bellezza sia sacrosanta e indispensabile, tanto nel cinema come nella vita, ma deve avere il SUO ruolo, non quello di tutti gli altri.
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